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Claudio Fava lancia la sfida alla poltrona di governatore: "Convinto di vincere"

È partita ieri 13 maggio, dal Bastione degli Infetti, la corsa a Palazzo d'Orleans del presidente della commissione Antimafia

“Questa volta noi le elezioni le vinciamo”. Con queste parole è partita ieri, dalla cornice del Bastione degli infetti, la campagna elettorale di Claudio Fava in vista delle elezioni alla presidenza della Regione Siciliana del prossimo autunno. Un luogo non a caso, ma scelto perché “racconta una storia molto siciliana, ricostruita come ricostruiremo la Regione Siciliana”.

In campo per la terza volta

In apertura del suo comizio Fava illustra i motivi che lo hanno portato a candidarsi per la terza volta alla poltrona di governatore, dopo quella sfumata del 2012 e quella del 2017 in cui correndo con la lista "Cento passi per la Sicilia" ottenne solo il 6,10% ma fu eletto deputato all’Ars: “Dopo trent’anni di vita politica si sono sommate molte cose, e adesso mi piacerebbe restituire quello che ho raccolto. Siamo cambiati, siamo meno rabbiosi e più consapevoli, questa volta sono convinto che elezioni le vinciamo, non io ma noi siciliani, ma so che le cose non cambieranno da un giorno all’altro, occorrerà parecchio tempo, ma basta pessimismo e rassegnazione, sono convinto che liberemo questa terra dal peso cupo di alcune parole”. Fava lancia quindi il guanto di sfida agli avversari, ma prima di raggiungere l’obiettivo dovrà passare dalle primarie della coalizione di centrosinistra con il Pd e il M5S, che ancora non hanno sciolto le riserve sulle loro candidature.

La stoccata a Musumeci…

Nel giorno in cui l’Ars è tornata a riunirsi per il voto alla finanziaria, Fava comincia il suo discorso attaccando Musumeci: “Gli auguro di candidarsi, così che i siciliani possano confrontarsi con il presidente uscente ed esprimere nella verità del voto un loro giudizio, ma giudico questa stagione di governo non soltanto una sconfitta politica, ma soprattutto civile, anche per il tentativo di ridurre le forme, le forze, gli istituti, le parole, la democrazia in inutili orpelli”. Poi il passaggio diretto alla votazione della legge finanziaria: “Avrei detto che non avrei partecipato a questa liturgia malinconica di una finanziaria che dovrebbe essere il momento più alto della progettazione, della capacità non solo di individuare le voci di spesa ma spiegare che cosa vogliamo fare, non solo quanto ma come vogliamo spendere questi soldi, per costruire cosa, risolvere quali problemi, invece questa finanziaria arriva in aula senza essere passata dalle commissioni di merito e con un sottotesto che è quello di chiedere al Parlamento siciliano di essere un notaio, che metta un timbro senza dare fastidio al manovratore. Io non ci sto a prestare la mia faccia e il mio voto ad una liturgia politica che ammazza 70 anni di tradizione democratica e considero questa la più grande sconfitta di Musumeci, civile prima che politica”.

…e alla politica locale

Nel corso del suo comizio Fava si è scagliato anche contro la politica cittadina. Portando ad esempio il teatro Moncada e il palazzo di cemento di Librino secondo Fava l’amministrazione cittadina avrebbe abbandonato le periferie, usandole soltanto come “sforzo muscolare del bilancio”, riempiendole di “contenitori che servono solo a tagliare il nastro e non a riempire di vita questi luoghi dimenticati”.

“Sogno una Sicilia meno obbediente”

Lavoro, dispersione scolastica, rilancio delle periferie, gestione rifiuti. Sono tanti i temi toccati da Fava nel suo discorso. “Obbediamo ai comitati d’affari, a coloro che continuano a manipolare gli appalti per le forniture della sanità pubblica, ai signori delle discariche, le tre grandi famiglie che controllano la gestione dei rifiuti e che pretendono e ottengono da tutti i governi che si continui a portare i rifiuti in discarica spendendo 300 milioni l’anno, a coloro che continuano a manipolare gli appalti per le forniture della sanità pubblica. Vorrei che fossimo meno obbedienti”. Infine un’ultima stilettata ancora a Musumeci: “Vorrei non assistere più anche ai consigli, ai suggerimenti e alle benedizioni elettorali che arrivano dai condannati in via definitiva per mafia e vorrei chiedere a Nello Musumeci in primis il 23 maggio e il 19 luglio di non farsi vedere con petto grondante di dolore per ricordare quello che è accaduto 30 anni fa, perché la mafia si combatte anche con un minimo di coerenza. Rivendico il diritto di Cuffaro e Dell’Utri di fondare partiti, di dare consigli, e di fare tutto ciò che è permesso dalla legge dopo avere scontato interamente la loro pena, ciò che contesto è qualcuno debba andare a chiedere questi consigli, e questo qualcuno è la più alta carica istituzionale siciliana, questo non è tollerabile”.

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