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Domenica, 28 Aprile 2024
Guardia di finanza

Bancarotta, riciclaggio e legami con la mafia: altro colpo agli "affari" dei Siverino

I dettagli dell'operazione condotta dalla guardia di finanza di Catania che ha portato all'arresto dei due imprenditori ritenuti vicini al clan Scalisi. Ai domiciliari il referente della rete dei prestanome e venticinque aziende sequestrate

I finanzieri di Catania in collaborazione con il servizio centrale investigazioni sulla criminalità organizzata (Scico) e con l’ausilio dei comandi provinciali di Milano, Monza, Napoli, Roma, Varese e Verona, hanno dato seguito a un’ordinanza con cui il Gip del Tribunale etneo ha disposto l’applicazione di misure coercitive personali nei confronti di tre persone, ritenute responsabili, a vario titolo e in concorso con ulteriori 28 soggetti, dei reati di bancarotta fraudolenta e documentale, omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio e reimpiego di denaro illecito.

Disposti dal Gip del Tribunale etneo la custodia cautelare in carcere nei confronti di due imprenditori Antonio e Francesco Siverino e gli arresti domiciliari a carico del referente per la rete di prestanome, Alfredo Liotta,  il sequestro delle quote sociali di 25 attività commerciali (13 società e 12 ditte individuali), site nelle province di Catania (5), Enna (1), Mantova (1), Napoli (1), Milano (13), Roma (3), Verona (1), attive nel settore della logistica e dei trasporti, delle ricerche di mercato, della commercializzazione di prodotti petroliferi e metalliferi nonché della compravendita di autoveicoli e  il sequestro di beni e altre utilità nella disponibilità degli indagati e comunque agli stessi riconducibili fino a concorrenza del valore complessivo di 86 milioni di euro.

Sostegno al clan in cambio di protezione

Questa indagine ha origine dall'operazione "Follow the money", che ha coinvolto alcune delle persone ora sotto inchiesta, tra cui i due imprenditori Antonio Siverino, detto "U miliardariu", e il figlio Francesco, collegati al clan "Scalisi" di Adrano, articolazione locale della famiglia mafiosa "Laudani" e il suo esponente di spicco Giuseppe Scarvaglieri. Un procedimento giudiziario che ha già portato alla condanna in primo grado di otto imputati che avevano optato per il rito abbreviato, nonché al rinvio a giudizio degli imprenditori coinvolti, che erano stati arrestati nel 2021 per presunta associazione con la mafia.

Secondo le prove raccolte, i due imprenditori avrebbero costantemente sostenuto il clan "Scalisi" di Adrano, contribuendo in modo stabile e duraturo alle attività dell'organizzazione criminale, al consolidamento del suo potere economico e all'occultamento di denaro illecito. In cambio, avrebbero ricevuto protezione e vantaggi per le proprie attività imprenditoriali.

In particolare, a conclusione dell'operazione “Follow the Money”, unità specializzate del nucleo di Pef di Catania e dello Scico della guardia di finanza hanno effettuato perquisizioni locali in esecuzione delle misure cautelari disposte dal Tribunale di Catania nel 2021 nei confronti di 5 indagati, rivenendo documenti societari riferibili non soltanto alle aziende già monitorate in quella fase d’indagine, ma anche a ulteriori società e attività imprenditoriali, apparentemente intestate a soggetti terzi, ma di fatto ritenute riconducibili ai Siverino.

Il fallimento

Nel nuovo filone investigativo sono stati approfonditi i rapporti commerciali e i flussi finanziari all’interno della rete di 25 imprese facenti capo ai due imprenditori e, al contempo, ricostruite le cause che hanno portato al gravissimo dissesto economico di una delle principali società gestite dai medesimi, denominata Ll Group Srl, con sede a Catania. Questa impresa, attiva nella commercializzazione di carburante e formalmente amministrata da Christopher Cardillo, è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Catania con sentenza del 15 ottobre 2021, a seguito di istanza di fallimento presentata da questo Ufficio.

Nello specifico, gli approfondimenti svolti dal nucleo Pef di Catania della guardia di finanza sulla società fallita hanno evidenziato che lo stato di decozione societario sarebbe stato determinato da due principali fattori: le molteplici e ripetute violazioni alle norme tributarie legate all’omesso versamento dell’Iva per oltre 9,7 milioni di euro solo nel 2019 e stimate nel complesso (per gli anni 2019-2020) in 50 milioni di euro e le condotte di carattere distrattivo operate dai reali dominus, cioè i Siverino, che, con il concorso di soggetti prestanome a capo di 6 diverse società, tutte riconducibili a loro, avrebbero operato ingiustificati prelievi in contante e bonifici in favore di tali compagini societarie, così drenando liquidità per non meno di 27,7 milioni di euro in un arco temporale di poco più di 3 anni (metà 2018 - inizi 2021).

Il trasferimento dei fondi

Le distrazioni delle risorse della SL Group sarebbero avvenute in un primo momento a favore di 6 società (Azimut Srls, Nuova Group Srl, G.M.A. Group Srls, con sede a Catania, Ag Oil Srls e Sa Logistics Srl con sede a Milano, operanti nel settore della commercializzazione di carburanti nonché della logistica e dei trasporti nonché Gold Group Srl, con sede a Enna e attiva nella compravendita di autoveicoli) e di una persona fisica - Alfredo Liotta - rappresentante legale di ulteriori 2 imprese (Sive Group Srl, con sede a Catania, e Sive International Group Ltd, con sede in Bulgaria, attive nel settore della logistica e dei trasporti). 

Sono state inoltre individuate e ricostruite molteplici operazioni di trasferimento di fondi “infragruppo”, potendo gli imprenditori contare sul “controllo di fatto” di un numero consistente di aziende, in totale 25, dislocate in diverse province del territorio nazionale (Catania, Milano, Napoli, Roma, Varese e Verona). Tali operazioni avrebbero consentito di riciclare e reimpiegare nel circuito economico legale somme di denaro stimate in circa 48 milioni di euro, rendendo difficoltosa l’identificazione della loro provenienza illecita.

In un caso, ad esempio, le somme trasferite dalla fallita SL Group Srl a Gold Group Srl, pari a 6 milioni di euro, sono state successivamente frazionate e trasferite, senza una reale ragione economica, ad altre 11 imprese rientranti sempre nel reticolo societario controllato dai due principali indagati. In un altro caso, invece, la fallita ha trasferito circa 9,5 milioni di euro alla Azimut Srils, la quale, analogamente a quanto avvenuto con la Gold Group, ha a sua volta frazionato e dirottato tali somme su altre 10 aziende del “gruppo”, una delle quali ha poi impiegato parte della liquidità per l’acquisto di beni di lusso del valore di 240.000 euro.

Il prestanome

L’anello di congiunzione tra i Siverino e la rete dei prestanome a capo delle 25 società e ditte coinvolte sarebbe stato, Alfredo Liotta, la persona posta agli arresti domiciliari, il quale avrebbe rappresentato per i formali rappresentanti legali il referente da cui ricevere indicazioni e a cui rivolgersi in caso di necessità.

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