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Cronaca

Etna: secondo studio Ingv, dai terremoti è possibile analizzare la risalita del magma

L’analisi della sismicità in area etnea consente di conoscere la struttura della crosta terrestre attraverso cui risale il magma e di indagare la migrazione dei fluidi magmatici lungo il sistema di alimentazione del vulcano

Attraverso l'analisi della sismicità naturale dell'Etna si possono ricavare dati sulla risalita dei fluidi magmatici lungo il 'plumbing system' del vulcano, settore della crosta terrestre attraverso cui il magma viene trasferito dalle profondità della sorgente magmatica fino alla superficie. È quanto emerge dallo studio 'Frequency-magnitude distribution of earthquakes at Etna volcano unravels critical stress changes along magma pathways' condotto da un team di ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ed appena pubblicato sulla rivista scientifica 'Communications Earth & Environment' di Nature. Analizzando più di 13.700 terremoti avvenuti tra il 2005 e il 2019, registrati dalle oltre 30 stazioni sismiche della rete di monitoraggio dell'Osservatorio Etneo dell'Ingv, i ricercatori hanno evidenziato come l'analisi della sismicità naturale possa essere utilizzata per indagare la risalita del magma e per studiare la struttura della crosta al di sotto dell'Etna. Lo studio ha permesso di individuare una zona asismica che si estende da una profondità di oltre 30 km fino a circa 10 km al di sotto dell'intera regione etnea, che corrisponde alla parte più profonda del "plumbing system". Più in superficie è stato invece identificato un serbatoio magmatico intermedio, localizzato tra 1 e 6 km al di sotto del livello del mare, intorno al quale avvengono numerosi terremoti di bassa magnitudo favoriti dall'elevata pressione dei fluidi magmatici e dalle condizioni di diffusa fratturazione della crosta. "Il settore crostale che ospita l'Etna - spiega Marco Firetto Carlino, ricercatore dell'Ingv e autore dello studio - è caratterizzato da un'elevata sismicità, con numerosi terremoti legati a processi di fratturazione e a movimenti lungo piani di faglia pre-esistenti. Studiando il rapporto tra il numero di terremoti che avvengono in una determinata regione e la relativa magnitudo attraverso un parametro noto come 'b-value' è possibile definire se tale regione tende a rilasciare energia sismica preferibilmente attraverso numerosi terremoti di relativa bassa magnitudo oppure attraverso meno frequenti eventi di maggiore energia".
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