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Sabato, 27 Aprile 2024
L'inchiesta

Operazione "Oleandro", la figura di Fabrizio Papa e i rapporti d'affari con il boss Salemi

Nelle carte dell'inchiesta i dettagli del legame che univa l'imprenditore attivo nel settore dell'edilizia al vertice del gruppo di Picanello. Un rapporto così profondo da mettere a disposizione dello stesso le proprie società e da adoperarsi per la costituzione di ulteriori società che servissero al riciclo dei proventi illeciti del clan

Un imprenditore che reinvestiva denaro del clan provento di varie attività illegali, incluso il traffico di sostanze stupefacenti, attraverso le sue imprese. Profondo conoscitore delle dinamiche interne dell’organizzazione mafiosa e dei loro metodi di gestione delle richieste estorsive nonché della capacità dei boss di comandare anche durante il periodo di detenzione carceraria e del ruolo di “soldati” svolto dai ragazzi più giovani utilizzati nella gestione delle piazze di spaccio. E' questo il profilo che esce fuori dalle carte dell'ordinanza sulla figura di Fabrizio Giovanni Papa, 57 anni, arrestato con l'accusa di associazione mafiosa, insieme ad altre 14 persone, nel blitz condotto dalla guardia di finanza, che ha smantellato il "gruppo di Picanello", capeggiato da Carmelo Salemi e Giuseppe Russo. 

Società "pulite" per riciclare il denaro "sporco" del gruppo di Picanello

Come emerge dalle carte dell'ordinanza, Papa è un imprenditore che si occupa di una serie di società aventi rapporti con il clan Santapaola-Ercolano e in particolare con il  gruppo di Picanello. Secondo quanto emerso dalle indagini, il suo legame al clan capeggiato da Carmelo Salemi era così profondo da mettere a disposizione dello stesso le proprie società e da adoperarsi per la costituzione di ulteriori società che servissero al riciclo dei proventi illeciti del clan nonché in varie occasioni si interessava di mantenere economicamente alcuni esponenti del gruppo, in primis lo stesso Salemi. 

Gli affari tra Papa e Salemi

Uno degli affari in cui risultano coinvolti Papa e Salemi è quello riguardante una cessione di immobili da una società ad un’altra. Dai dati estrapolati dalle banche dati, gli inquirenti hanno appurato che Papa era socio di maggioranza di due società (una di costruzioni e l’altra immobiliare) con il 95% delle quote societarie, nonché di una terza impresa, con il 50% delle quote, nonostante le stesse fossero formalmente intestate ad altre persone.

Gli affari con gli immobili

In particolare, la società di costruzioni risultava costituita il 23 gennaio 2008 e poi giunta, in seguito a vari passaggi di quote, a Papa per il 95%, con un capitale sociale interamente versato pari a 110mila euro ed come oggetto sociale la “costruzione di edifici residenziali e non residenziali” e sede legale in Catania, in via Faraci. A questo si aggiunge che la società sarebbe stata protagonista di un incomprensibile e oscuro trasferimento di beni immobili nella provincia di Arezzo riguardante altre due imprese.

Cessioni di beni da una società all'altra: ma i trasferimenti erano falsi

La società di Papa, infatti, avrebbe ceduto ad una di queste, diversi immobili per un importo totale di 300 mila senza ipoteca, senza alcuna garanzia sull'effettivo pagamento e senza alcuna certezza sul se e quando esso sarebbe avvenuto. Tale trasferimento avveniva con atto del 17 novembre 2015 al prezzo stabilito di circa 272mila euro, somma che doveva essere pagata senza interessi in una o più rate entro due anni dalla stipula dell'atto, con rinuncia da parte del venditore all'ipoteca legale. Successivamente, con atto del 22 marzo 2021, gli stessi beni immobili venivano trasferiti da una società all’altra per un prezzo di 200mila euro.

L'analisi dei conti correnti bancari non ha fatto emergere alcun elemento attestante l'effettiva movimentazione di denaro per tali cessioni, a evidente dimostrazione del fatto che si trattava di trasferimenti assolutamente falsi e simulati, avvenuti tra società riconducibili, nella sostanza, alle stesse persone.

Denaro per avvocati e mantenimento in carcere

In una intercettazione Papa dimostrava il proprio interesse e il proprio impegno per il mantenimento del boss Salemi in carcere, sia con riferimento a ciò che gli occorreva per la propria sopravvivenza che per il pagamento dell'onorario dei suoi difensori. AI fine di riscontrare la veridicità della conversazione gli inquirenti hanno ricostruito i flussi di denaro disposti in favore di Salemi presso la casa circondariale di Vicenza, dove era detenuto dal 10 luglio 2020. Scoprendo che, in concomitanza dei bonifici eseguiti dal conto corrente aziendale di una società riconducibile a Salemi, avvenivano versamenti di contante sia tramite bancomat che tramite bonifici giroconto anche da parte di Papa, nello stesso giorno o qualche giorno prima,

Il cantiere in via Aci Trezza

Una ulteriore vicenda che testimonierebbe il rapporto d’affari tra Papa e Salemi è quella riguardante la realizzazione di un cantiere in via Aci Trezza a opera del primo, come affermato testualmente dall'architetto dei lavori nella conversazione intercettata in cui parla delle pratiche edilizie in cui è impegnato per tale realizzazione. Nella stessa conversazione, Papa affronta nuovamente la questione della provenienza dei capitali poi investiti nell'acquisto dell'immobile di via Pergolesi, facendo comprendere chiaramente come lui o Salemi avessero costituito una società di fatto destinata alla realizzazione di un cantiere edile e che per essa Salemi avrebbe fornito un capitale pari ad 69mila euro, di cui 20mila in contanti e gli altri provenienti dalla vendita di un immobile in via Fiume. Che, su richiesta dello stesso Salemi, Papa si era intestato e aveva poi ceduto per reinvestire i proventi nel nuovo cantiere. Evidentemente, secondo quanto ricostruito dalle fiamme gialle etnee, allo scopo di riciclare il denaro proveniente dall'attività criminale svolta da Carmelo Salemi, facendo perdere le tracce della provenienza illecita dello stesso nelle varie contrattazioni effettuate a suo nome.

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