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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Vino ed autosaloni per investire e riciclare soldi: le società occulte gestite dal clan Santapaola

Tra i particolari dell’indagine "Sangue Blu", che ha fatto luce sulle recenti evoluzioni delle dinamiche della famiglia di Cosa Nostra etnea, emergono anche i sequestri preventivi, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro, delle società “Citymotor srl”, salone multimarca di automobili nel comune di San Gregorio e “Vinissimo srl”, enoteca con sede a Catania

Tra i particolari dell’indagine "Sangue Blu", che ha fatto luce sulle recenti evoluzioni delle dinamiche della famiglia di Cosa Nostra catanese, emergono anche i sequestri preventivi, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro, delle società “Citymotor srl”, salone multimarca di automobili nel Comune di San Gregorio e “Vinissimo srl”, enoteca con sede a Catania.

Il business con il vino

Riguardo alla società “Vinissimo srl”, a partire dal mese di marzo 2020, da alcune conversazioni intercettate dagli inquirenti emerge che Francesco Ferrera e il cugino Francesco Napoli avevano iniziato ad acquistare vini che rivendevano a terzi soggetti, così avviando una attività commerciale per il commercio di prodotti vinicoli, preambolo della creazione di un’attività commerciale.

In tal senso due cugini, inoltre, stavano valutando a chi attribuire la titolarità della società. La scelta ricadeva su due soggetti: uno indicato come ”l’infermiere” che non risulta indagato, l’altro come Simo, l’indagato Simone Atanasio. "..Ma senti una cosa sei sempre convinto, diciamo, che glielo facciamo all'infermiere... oppure... mettiamo a Simo...". Ferrera e Napoli concordavano sul fatto di riflettere in ordine alla scelta anche per sopperire alle noie burocratiche, ricordando di essere già in possesso dei documenti dell'infermiere relativi ad un’altra bottega -“ ...ah sì, sì. ho capito... ho capito... vabbè... riflettiamoci per non combattere poi con queste scemenze”.

Ma il comportamento "dell’infermiere" era ritenuto poco affidabile da Napoli che pensava che prima o poi avrebbe attirato l’attenzione della polizia. Proprio per questo Napoli decideva di estrometterlo dalla costituenda società, preferendogli Simone Atanasio, un ragazzo “pulito” che avrebbe dato certamente più garanzie.

Nelle conversazioni intercettate, Atanasio non solo risultava sempre disponibile verso Ferrera, ma evitava anche di discutere telefonicamente della vicenda in corso di svolgimento, dimostrando di essere pienamente consapevole della natura illecita del loro rapporto. Dal quadro probatorio raccolto ed in particolare in ragione di alcune delle conversazioni intercettate, è emerso come la stessa sarebbe stata gestita in maniera occulta quindi da Francesco Napoli e dal cugino Francesco Ferrara, che avrebbero avviato l’attività commerciale, attribuendone la titolarità ad un prestanome.

Da Citycar a Citymotor

Per quanto invece riguarda la “Citymotor srl”, già comparsa nell’indagine “Fiori bianchi”, sarebbe emersa anche qui l’attribuzione fittizia della società a un prestanome, ma in realtà riconducibile all’indagato Michele Monaco che, con riferimento all'indagine “Fiori Bianchi”, imputato del reato di intestazione fittizia di beni, è stato assolto con formula piena "perché il fatto non costituisce reato". In riferimento all'indagine "Sangue blu", Monaco è allo stato attuale indagato.

La concessionaria, di cui parlano tutti i collaboratori, ad eccezione di Salvatore Scavone, è la “Citycar” e non la “Citymotor”, che è l’attuale denominazione della concessionaria di auto in questione. In precedenza, infatti, la concessionaria si chiamava “Citycar” ed era formalmente intestata alla convivente di Michele Monaco.

Nel settembre del 2009, viene creata una nuova società: la “Citymotor srl”, con le quote divise al 50% tra Monaco e Antonio Fausto Tudisco, che veniva nominato amministratore unico della società. Le indagini degli inquirenti sembrerebbero dimostrare come invece fosse Monaco l'effettivo titolare della Citymotor. Le intercettazioni contenute nei documenti dell’inchiesta sembrerebbero dimostrare come Tudisco non fosse altro che una testa di legno.

Era, infatti, Monaco a gestire la società, curandone tutti gli affari, mentre Tudisco era un mero esecutore di ordini, senza alcuna capacità decisionale. In alcune occasioni, Monaco lo rimproverava per ritardi o mancanze, come nel caso della conversazione intercettata nel maggio del 2020: “Il foglio di via di Nino... Com'è finita? ...Non può essere cinque ore per una cosa! ...(omissis)... Mandiamoci questo coso! “. Tudisco, che era già andato via dalla concessionaria, eseguiva le disposizioni ricevute: “Aspetta che risalgo un'altra volta”.

Monaco, condannato per associazione mafiosa nel 1994 e destinatario delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che accostavano il suo nome e la Citycar al clan Santapaola, ha liquidato la precedente società, per evitare che la stessa potesse essere oggetto di provvedimenti di sequestro e ha creato la Citymotor srl, negli stessi locali della prima società, dividendo il capitale sociale al 50% tra Salvatore Monaco e Tudisco, che veniva nominato anche amministratore unico della società.

Nel settembre del 2014, Monaco ha ceduto la propria quota del 50% allo stesso Tudisco, soggetto incensurato, che è divenuto, formalmente - e fittiziamente -, l’unico proprietario delle quote societarie e amministratore unico della Citymotor. In sostanza, la Citymotor era sorta sulle ceneri della precedente Citycar, per dare vita alla nuova iniziativa imprenditoriale, di cui Monaco era il dominus indiscusso.

Non solo, secondo gli inquirenti "la concessionaria era anche uno strumento nella disponibilità del clan Santapaola, per investire e riciclare il denaro provento di affari illeciti". Le dichiarazioni di Scavone, che ha parlato di Monaco come di un soggetto a disposizione del clan Santapaola per investire il denaro illecito, sembrerebbero aver trovato riscontro nel contenuto delle intercettazioni, che sembrerebbero aver fornito prova di come anche Ferrera e Napoli abbiano usufruito della disponibilità di Monaco, ricevendo periodiche somme di denaro "a titolo non meglio specificato".

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