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Cronaca

L'eutanasia in Svizzera dell'insegnante di Paternò: la procura fa ricorso contro l'assoluzione di Exit Italia

Il presidente dell'associazione Emilio Coveri era stato assolto lo scorso novembre 2021 dall'accusa di istigazione al suicidio. La procura etnea ha fatto appello e la vicenda giudiziaria potrebbe riaprirsi

A poche settimane dalla contestata decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato inammissibile la proposta dell'associazione Coscioni che intendeva porre un quesito referendario sull'eutanasia a Catania potrebbe riaprirsi una vicenda giudiziaria che ha fatto molto discutere. Si tratta delle accuse, rivolte dalla procura, al rappresentante dell'associazione Exit Italia Emilio Coveri che ha già subito un processo per istigazione al suicidio e dal quale è stato assolto. E' notizia odierna che la procura etnea ha proposto appello contro la sentenza del gup che - lo scorso 10 novembre 2021 - lo aveva prosciolto, al termine del rito abbreviato, perché "il fatto non sussiste".

Una storia di dolore e sofferenza

La vicenda riguarda la morte dell'insegnante Alessandra Giordano, originaria di Paternò, avvenuta in una struttura dell'associazione elvetica "Dignatas" nel marzo del 2019. La donna era affetta da diversi problemi di salute, tra cui la sindrome di Eagle, e aveva perso il lavoro cadendo in uno stato di profonda prostrazione. Così si era rivolta all'associazione Exit Italia, operante nelle attività di informazione sulla "morte dignitosa" e sull'eutanasia. 

Come ha avuto modo di riferire lo stesso Coveri la signora Giordano lo contattò per la prima volta nell'estate del 2017 esponendogli la sua sofferenza: "Si sentiva al telefono il suo stato di difficoltà dovuto anche all'impossibilità di lavorare. Le dissi di fare testamento biologico e di mettere per iscritto le proprie volontà, è una tutela per la persona e per il fine vita. Ci scambiammo anche delle mail di cortesia e mi disse che aveva conosciuto un'associazione svizzera e che voleva farla finita anche se era cattolica".

La signora, poi, si procurò in un ospedale di Milano le certificazioni attestanti la sua malattia e la sua sofferenza e si recò in Svizzera dove pose fine ai suoi giorni scegliendo la "dolce morte". Coveri ha raccontato di non aver saputo, dallo scambio di mail, più nulla della donna sino al 2019 quando su sollecitazione dei familiari la trasmissione Chi l'ha Visto? ha iniziato ad indagare sulla sua scomparsa. L'esponente di Exit Italia ha detto di non aver mai istigato nessuno al suicidio ma di aver risposto fornendo informazioni, come sempre solito fare, a chi si rivolge a loro e sta soffrendo.

Secondo le accuse, invece, Coveri avrebbe "intrattenuto ininterrottamente dal 2017 al 2019" con la signora "plurimi rapporti e conversazioni telefoniche, via sms e posta elettronica" e avrebbe "indotto" la donna, che "soffriva di forme depressive e sindrome di Eagle, ad iscriversi nel 2018 all'associazione Exit".

Il processo

Dalle denunce dei familiari della docente ha preso il via un'indagine che ha portato a sentire lo stesso Coveri e poi a un processo nei confronti del rappresentante di Exit poiché secondo le accuse avrebbe "determinato o comunque rafforzato il proposito suicida" della donna, poi avvenuto con l'eutanasia in una clinica di Zurigo. La procura aveva chiesto una condanna di 3 anni ma si è concluso, come detto, con l'assoluzione. Adesso la stessa procura ha fatto ricorso e si capirà se verrà istruito un nuovo giudizio.


 

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